La protesi all’anca è l’ultima spiaggia in caso di coxartrosi avanzata e invalidante. In gran parte dei casi, è di coxartrosi che si tratta ma non solo. Ecco perché in questa guida vogliamo rispondere alla domanda: “Quando fare l’intervento di protesi all’anca?”.
Non si può, di certo, trascurare una struttura importante come l’anca nell’ambito della deambulazione che interagisce con le altre parti del corpo. Questa interazione serve al mantenimento, trasferimento e ammortizzamento del carico del corpo: raccoglie informazioni di natura pressoria, propriocettiva, cinestetica, ecc. per la corretta postura ed equilibrio nello spazio. L’anca dirige il corpo verso l’esterno, contribuisce alla variazione di direzione in fase di deambulazione ed all’oscillazione del passo.
Intervenire su patologie che mettono a rischio l’anca e, con essa, la qualità della vita è una priorità.
Vediamo quando è strettamente necessario optare per la protesi anca e perché è tanto importante la Fisioterapia e Riabilitazione post-operatoria per la buona riuscita dell’intervento.
Protesi all’anca: quando fare l’intervento
Le patologie che, col tempo, richiedono l’impianto della protesi d’anca sono:
- Coxartrosi (artrosi all’anca), la patologia più comune dell’anca nell’adulto. Un’anca in stadio di artrosi avanzata può risultare estremamente invalidante;
- Osteonecrosi della testa del femore, patologia simile all’infarto miocardico. Il tessuto osseo va in necrosi in quanto una parte della testa del femore non riceve più una sufficiente perfusione sanguigna;
- Artrite grave che può danneggiare irreversibilmente l’anca.
La protesi risulta necessaria quando il dolore e le difficoltà motorie persistono nonostante l’assunzione di farmaci antidolorifici e antinfiammatori o il percorso di Fisioterapia.
La scelta di sostituire l’articolazione malata con una protesi d’anca e il tipo di protesi da impiantare dipendono da fattori come età, peso e condizioni fisiche del paziente, stadio della patologia.
La protesi è raccomandata a pazienti molto anziani che hanno subito una frattura del collo del femore o affetti da gravi patologie degenerative.
Ecco i segnali da non sottovalutare:
- Il dolore non passa con l’assunzione di antidolorifici e antinfiammatori o utilizzando un bastone;
- Il paziente zoppica (claudicazione di fuga) in quanto tende a caricare poco sull’arto compromesso: per deambulare, deve necessariamente appoggiarsi ad un bastone;
- Il soggetto non è in grado di piegarsi, allacciarsi le scarpe, ruotare verso l’interno la punta del piede della gamba colpita dalla patologia.
Un paziente anziano (over 60), magro e con attività fisica modesta è il candidato ideale per l’impianto di protesi anca.
Protesi all’anca: Fisioterapia e Riabilitazione nel post-operatorio
In fase post-operatoria, è previsto l’utilizzo di presidi ortopedici di supporto come i bastoni o il carrello deambulatore. Potrebbero essere necessarie calze vascolari per favorire il fluire del sangue nelle gambe.
Il paziente, su indicazione del chirurgo, assumerà farmaci per la gestione del dolore.
L’arto viene mobilizzato poco dopo l’intervento per passare alla fase successiva di Fisioterapia e Riabilitazione, indispensabile per il recupero dopo l’intervento di protesi d’anca.
In questa fase, si lavora su tre obiettivi: eliminare il dolore, recuperare la funzionalità articolare e schemi motori corretti, rinforzare i muscoli dei glutei e il quadricipite.
La Fisioterapia d’avanguardia prevede l’utilizzo di terapie fisiche strumentali d’elezione (Tecarterapia, Laser Yag, TENS, correnti diadinamiche) ed esercizi specifici da eseguire quasi nell’immediato (movimenti dell’anca e deambulazione). Il fisioterapista procederà con le contrazioni isometriche dei gruppi muscolari dell’articolazione dopo la quinta giornata dall’intervento insieme alla Kinesiterapia passiva per il recupero articolare. L’appoggio (bastone) verrà abbandonato dopo 10 giorni dal lato protesizzato, poi anche per l’altro lato allo scopo di tornare alla deambulazione normale.
Il fisioterapista può anche ricorrere all’Esercizio Terapeutico Conoscitivo. Questa metodica, oltre a rapportarsi con gli esercizi di mobilizzazione, potenziamento e tonificazione muscolare, considera anche elementi come dolore, edema, contrattura, ipotrofia muscolare, deficit motori, compensi. Serve, in sostanza, a ristabilire elementi deficitari ed alterati compromessi dalla patologia.
Il fisioterapista insegnerà al paziente esercizi da ripetere a casa dopo il termine della degenza. La durata della degenza va da un minimo di 2-3 giorni ad un massimo di 15 giorni.